Il Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite e le altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra, Ambasciatore Vincenzo Grassi, è intervenuto oggi nell’ambito del panel biennale di alto livello sulla pena di morte, aperto dall’Alto Commissario ONU per i diritti umani Volker Türk e incentrato sul ruolo della magistratura, nel quadro della 58ma sessione del Consiglio Diritti Umani.
“L’Italia continua ad essere fortemente impegnata per l’abolizione universale della pena di morte. Il sistema giudiziario non è soltanto uno strumento per l’applicazione delle leggi ma un pilastro fondamentale per la salvaguardia della dignità umana e per la protezione dei diritti umani” ha dichiarato il Rappresentante Permanente, aggiungendo che “il ruolo della magistratura nel definire un quadro giuridico che privilegi la riabilitazione rispetto alla punizione è cruciale per garantire sistemi giudiziari che riflettano i valori fondamentali della dignità umana e dell’equità”.
“La natura irreversibile della pena capitale, unita ai rischi ben documentati di condanne errate, è fonte di preoccupazione. Anche i sistemi giuridici più solidi non sono immuni da errori. L’Italia ritiene che una magistratura indipendente, libera da pressioni politiche, sia fondamentale per promuovere una cultura della giustizia che ricerchi alternative alla pena di morte e promuova riforme penali incentrate sui diritti umani”, ha proseguito.
L’Ambasciatore ha inoltre sottolineato che “L’Italia apprezza le iniziative giudiziarie che in varie parti del mondo hanno portato alla limitazione e alla definitiva abolizione della pena di morte e incoraggia un dialogo costante sulle migliori pratiche che consentono alle istituzioni giudiziarie di promuovere i diritti umani, assicurando al contempo la responsabilità e l’equità nelle pratiche di condanna”.
In conclusione, egli ha invitato i relatori intervenuti a riflettere su come “gli attori giudiziari, alla luce dell’evoluzione del ruolo della magistratura nella tutela dei diritti umani, possano essere ulteriormente messi in condizione di sostenere le politiche abolizioniste nelle giurisdizioni in cui la resistenza politica all’abolizione resta forte”.
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